giovedì 23 ottobre 2014

Recensione - I baci non sono mai troppi, Raquel Martos

Secondo post e seconda recensione!
Mi sono avvicinata a quest’autrice per puro caso. Quest’estate mi aggiravo in libreria e ho adocchiato un libro dal titolo che mi è subito sembrato splendido: “Alla fine andrà tutto bene (e se non va bene… non è ancora la fine)”. Mi trovavo infatti di fronte al nuovo romanzo di Raquel Martos, già autrice de “I baci non sono mai troppi”, (che stava, invece, appoggiato su uno scaffale più in là). Il problema era che il romanzo d’esordio della Martos era scontato e l’altro ovviamente no! Ahahah! Quindi, per dovere di risparmio, mi sono recata alla cassa con…

I baci non sono mai troppi, Raquel Martos





* Trama *

Questa storia, che non parla di principi azzurri e principesse, inizia in Spagna molti anni fa, quando la tv era ancora in bianco e nero, le bambine ballavano con l’hula-hoop e bastava uscire a mangiare un panino per vivere una grande avventura. Un giorno, a scuola, Lucìa conosce Eva. Spavalda, coraggiosa e indomita come i suoi capelli la prima. Timida, riflessiva e avida divoratrice di fagiolini crudi la seconda. Entrambe hanno solo sette anni, ma fin dal primo momento diventano amiche per la pelle. Condivideranno sogni, segreti sussurrati all'orecchio perché il ragazzino accanto non senta che si parla di lui, conquiste e delusioni, in un rapporto fatto di complicità e mille risate, tanto travolgenti e rumorose da attirare sempre i rimproveri degli adulti. Finché un litigio le separerà. Anni dopo, il caso le farà ritrovare all'aeroporto di Madrid. Lucìa, single, è il perfetto prototipo della manager in carriera. Eva si barcamena tra la fine del suo matrimonio e la figlia Lola. Nonostante i vecchi conflitti, l’amicizia di un tempo è ancora viva, come e più di prima. Ma Lucìa non può immaginare che Eva sta per chiederle il favore più importante della sua esistenza. Un romanzo tenero e commovente, pieno di humour e di dolcezza. Un inno alla vita e all'amicizia vera. Una storia che ci ricorda che esistono legami unici e speciali che nemmeno il tempo e la distanza riescono a intaccare.


* Recensione *

L’inizio lascia già ad intendere che tra le due protagoniste ci sia, o ci sia stato, un legame davvero molto forte. Infatti, sebbene si trovino in due posti e in due situazioni diverse, entrambe non riescono a fare a meno di pensare l’una all’altra.
Eva e Lucìa, i personaggi principali di questo romanzo, sono due persone diametralmente opposte. Lucìa è intraprendente, sfacciata, realista e un po’ disillusa. Eva è più controllata, timida, riflessiva e sognatrice. Dal primo istante in cui si incontrano, all’età di sette anni, diventano inseparabili e lo rimarranno sempre, dall’adolescenza fin nell’età adulta.
Ma lo splendido percorso della loro amicizia non è privo di ostacoli e un litigio inaspettato le farà allontanare… ed è proprio da qui che parte il nostro romanzo. O meglio, è da qui che parte il primo capitolo del nostro romanzo, poiché l’autrice ha scelto di dividere il libro in varie sezioni, in cui le voci di Lucìa e di Eva si alternano. Personalmente, non ho apprezzato in particolar modo questa scelta. Alla fine, mi sono abituata al ritmo della narrazione (visto che tutto il libro è così!), ma all’inizio l’ho trovato confusionario e scomodo, perché non c’è solo l’alternanza dei punti di vista di Eva e Lucìa, ma si alternano anche capitoli che precedono il loro riavvicinamento e altri che invece lo seguono. Inoltre, non ci sono date di riferimento, ma soltanto orari, quindi spesso tra una sezione e l’altra passano anche diversi giorni e il lettore non ha modo di accorgersene nell’immediato. Insomma, ho trovato questa scelta di narrazione originale, ma un po’ scomoda.
Devo anche ammettere che ho avuto un po’ l’impressione che gli eventi (o almeno, quelli precedenti alla riconciliazione di Eva e Lucìa) venissero narrati senza un filo logico; si racconta di questo e di quello, certi personaggi appaiono e scompaiono senza aver lasciato niente al lettore… Sembra proprio che l’autrice peschi a caso nel mare dei loro ricordi! Tutto questo spazio, magari, avrebbe potuto essere utilizzato per inquadrare meglio il motivo del litigio tra le due protagoniste…
Infatti, chi legge è perfettamente consapevole che qualcosa abbia provocato la rottura tra Lucìa ed Eva, ma la spiegazione non arriva mai, tutto si capisce soltanto nelle ultime 40 pagine del libro e mi sembra che sia stato dato poco spazio alla cosa (che avrebbe dovuto essere, invece, il punto di svolta dell'intera narrazione).
Le ultime pagine, però, sono piene di emozioni! Il cuore mi si è stretto più volte e avrei desiderato davvero che tutto quanto il libro fosse così!
Altre note positive sono date sicuramente dallo stile scorrevole dell’autrice e dal fatto che abbia deciso di scrivere un vero e proprio inno all’amicizia. Certi passaggi mi hanno ricordato dei pomeriggi spensierati trascorsi con una mia carissima amica d’infanzia, a ridere del mondo, inconsapevoli dei problemi della vita, così come lo erano Eva e Lucìa.
Si percepisce benissimo il legame forte e sincero, che accompagna le protagoniste per tutta la loro vita. Ti fa davvero pensare a quanto Eva e Lucìa siano state fortunate, perché credo sia difficile trovare un’amicizia così.
Di una tenerezza infinita sono anche i ricordi che Lucìa ha della mamma. Dolcissimi, davvero.
Insomma, non dico che questo libro mi abbia delusa, ma non ho particolarmente apprezzato alcune scelte fatte dall’autrice. Ad ogni modo, si trattava di un romanzo d’esordio, quindi nulla mi vieta di dare alla Martos una seconda possibilità e di leggere anche il suo secondo romanzo “Alla fine andrà tutto bene (e se non va bene… non è ancora la fine)”.

Tre Stelline: * * *

Vi lascio con un estratto del libro che ho particolarmente apprezzato, per il suo carattere riflessivo e tremendamente veritiero:

“Come si regge in piedi la nostra vita quando scompare una delle colonne che la sostengono?” gli chiesi un pomeriggio, mentre parlavamo di sacro e profano durante una delle nostre lunghe passeggiate.
“Il processo è semplice, ragazzina” mi disse. “Dividiamo il peso sulle altre colonne e così riusciamo a non crollare. A volte, però, quando soffia un vento forte, sentiamo che la struttura traballa. Quel dondolio ci ricorda quello che abbiamo perso e che dobbiamo tenerci forte per poter proseguire il cammino.”

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